Crescono le imprese, ma aumenta la sfiducia
Pubblicata in data 5/3/2005

Trend positivo per la demografia imprenditoriale irpina. Al 31 dicembre 2004, sono infatti 43816 le aziende registrate in provincia di Avellino all’albo camerale, con un incremento dell’1 per cento rispetto al 30 giugno 2004 e di +413 unità in termini assoluti. Lo rilevano gli ultimi dati Movimprese: l’indagine trimestrale della nati-mortalità delle imprese italiane. La crescita, secondo quanto si evince dalla relazione economica della Camera di Commercio di Avellino che esamina anche l’andamento dell’export provinciale passando poi al mercato del lavoro locale fino all’esame delle principali criticità del territorio, è dovuto da un cospicuo numero di iscrizioni, pari a 1366, nettamente superiore alle 961 imprese che hanno cessato l’attività nel periodo preso in esame. Alle nuove iscrizioni devono essere aggiunte ulteriori otto unità quale saldo attivo delle imprese che hanno trasferito la propria sede nella nostra provincia. Si tratta di un trend significativo se equiparato con i principali indicatori di Movimprese relativi ai secondi semestri degli ultimi tre anni. Il notevole saldo registrato nel 2004 (superiore di circa 10 volte il differenziale dei precedenti due periodi) è dovuto sia al maggiore numero di iscrizioni che alle minori cessazioni, ad ulteriore conferma che il forte dinamismo imprenditoriale è frutto di un generale rafforzamento della struttura produttiva. Va, inoltre, considerato che i dati sono al lordo del settore agricoltura che vive da anni un fenomeno di ridimensionamento e che anche nel semestre in esame ha registrato un saldo negativo (-191 unità). Scendendo, poi, nella microanalisi dell’indagine, le attività che hanno contribuito maggiormente al saldo positivo nell’arco temporale preso in considerazione (giugno 2004-dicembre 2004) sono, in valore assoluto, le imprese del commercio al dettaglio con un saldo attivo (+87 unità) seguite dal settore ‘attività immobiliari, informatica e ricerca’ (+73). Buoni anche i risultati nel settore delle costruzioni che crescono di 69 imprese, del commercio all’ingrosso (+64) e dei servizi sociali e personali (+42). In termini relativi, va inoltre rimarcata la crescita delle imprese turistiche (alberghi e ristoranti) con un incremento del 3 per cento circa nella seconda metà del 2004. Per quanto concerne, invece, l’analisi delle imprese per forma giuridica, si conferma l’irrobustimento delle forme societarie a scapito delle ditte individuali. Le società di capitale, infatti, al 31 dicembre sono pari 5666 imprese e rappresentano il 13 per cento dello stock complessivo, crescendo nel semestre in esame del 3,5 per cento. Incrementi si registrano anche nelle società di persone (+4,2 %) raggiungendo la cifra di oltre 5100 imprese. Viceversa le ditte individuali, pur costituendo una parte cospicua dello stock complessivo, pari al 72 per cento non hanno avuto nel periodo variazioni significative, contribuendo alla formazione del saldo attivo semestrale solo per lo 0,03 per cento. Per completare il quadro dei dati di natura amministrativa, Movimprese evidenzia che le imprese irpine con status ‘artigiano’ sono 8288 a fine 2004 con un incremento di 53 unità rispetto al primo semestre dello scorso anno. Gli artigiani della provincia di Avellino rappresentano il 27,5 per cento sul totale ( al netto delle imprese agricole) in linea con il valore nazionale (29,1%) ma superiore al dato regionale (17,2%). Commercio estero: Ulteriori note positive per l’economia irpina arrivano dal commercio estero. I dati, diffusi dall’Istat con riferimento ai primi nove mesi dell’anno, indicano, quale valore globale delle esportazioni provinciali, circa 565 milioni di euro con un incremento, rispetto al corrispondete periodo dello scorso anno, del 21 per cento. I valori dell’export disaggregati per attività mostrano che la crescita è stata trainata dal settore metalmeccanico in cui spicca il balzo in avanti fatto dall’industria di trasporto (+580 %). Ottimi risultati anche per il settore dei metalli e prodotti in metallo (+58%) e delle macchine elettriche ed elettroniche (+40% circa). Nessun segni di ripresa per l’industria conciaria (-27,8% nei primo nove mesi del 2004 e –31,8% nel solo terzo trimestre) afflitta da una grave crisi di competitività sui mercati internazionali. Diverso, invece, il discorso per il comparto dell’agroalimentare che negli ultimi tempi sta penetrando nei mercati esteri con una crescente intensità, sfruttando il valore riconosciuto all’estero dell’italian food: nel 2004 l’incremento è stato del 13 per cento ed il valore dei beni commercializzati è stato di circa 80 milioni di euro pari al 12,7 per cento del volume complessivo. Nel settore, un ruolo trainante è esercitato dal ramo vitivinicolo vero fiore all’occhiello per l’Irpinia in termini di qualità riconosciuta. Mercato del lavoro: Relativamente al mercato del lavoro, la relazione economica della Camera di Commercio di Avellino prende in analisi i dati 2003 considerato che bisogna premettere che non si dispone dei dati 2004 sulle forze di lavoro dal momento che l’Istat ha revisionato la relativa indagine (da trimestrale è divenuta continua) per allinearsi alla disciplina dell’Unione Europea. Dai dati 2003, emerge un quadro locale caratterizzato da un tasso di disoccupazione che si sta tendenzialmente riducendo (11,9%), frutto però non di un numero maggiore di occupati ma di un minor numero in cerca di occupazione. Un fenomeno attribuibile sia ad un generale fenomeno d’invecchiamento della popolazione con una quota crescente di persone che si sono ritirate dal del lavoro ma anche da una generale bassa partecipazione al mercato del lavoro per sfiducia nei confronti dei soggetti istituzionali che operano nel campo della intermediazione domanda-offerta di lavoro. Le stime per il 2004, elaborate dall’osservatorio economico Unioncamere, indicano una situazione sostanzialmente immutata in termini di occupazione complessiva provinciale, anche se con dinamiche diverse all’interno dei singoli settori di attività economica. Si prevede, infatti, una consistente crescita degli occupati in agricoltura (+14,9%) e nel settore delle costruzioni (+21%) ed una perdita di posti di lavoro nell’industria manifatturiera (-7,1 %) ed una più lieve flessione nel campo del commercio e servizi (-1,9 %). Le principali problematiche relative al mercato del lavoro particolarmente rilevanti in provincia Il mancato incontro tra domanda ed offerta di lavoro, resta tra le principali criticità dell’economia locale. Secondo i dati dell’osservatorio regionale, è del tutto insufficiente la quota d’imprese irpine (pari al 12% del totale) che ha effettuato ricerche di lavoratori. Questo aspetto sta provocando sfiducia specie tra i giovani verso i normali canali d’inserimento al mondo del lavoro e sta favorendo la ricerca di strade alternative quale quella d’intraprendere un’attività autonoma. Molto marcata è la distanza tra chi offre e chi domanda lavoro con riferimento alla tipologia di contratto lavorativo. Infatti, mentre il 96 per cento delle famiglie chiede lavoro a tempo indeterminato, e solo il 45 per cento è disposta ad accettare lavori di tipo flessibile, solo il 10 per cento delle imprese alla ricerca di lavoratori propone una forma contrattuale a tempo indeterminato, mentre il 77 per cento offre un lavoro a tempo determinato, part-time o apprendistato. Si è accentuata, poi, in questo secondo semestre la percentuale di imprese che non riesce a trovare figure professionali richieste. Quale principale causa: la scarsa specializzazione dei lavoratori frutto di non adeguate politiche in materia di lavoro e di una formazione professionale non in linea con le esigenze delle imprese. Da segnalare, infine, che è in aumento la disponibilità di trasferirsi al Nord Italia per trovare lavoro: tendenza direttamente collegata al grado di preoccupazione verso le prospettive d’inserimento lavorativo nella nostra provincia. Gli elementi di criticità strutturali, congiunturali e previsti, nella nostra provincia: E’il senso di sfiducia (attuale ed in prospettiva con conseguenze dirette sulla propensione ai consumi), che si è diffuso tra le famiglie, il principale elemento di criticità congiunturale per l’economia territoriale. Secondo l’indagine Unioncamere, infatti, nella nostra provincia nel secondo semestre 2004 si è accentuato, rispetto alla prima metà dell’anno, il livello di pessimismo delle famiglie (superiore alla media regionale) circa la propria condizione economica. Diminuiscono, così, al 16 per cento le famiglie che hanno intenzione di effettuare spese impegnative (automobili, vacanze…). Tra le cause: la singola situazione economica-finanziaria e il convincimento di una crescita dei prezzi percepita in modo particolare relativamente alla bolletta dell’energia elettrica, ai prezzi praticati da ristoranti e pizzerie, alle polizze assicurative dell’auto, ai pacchetti viaggio e vacanze. Anche dal lato delle imprese emergono diversi fattori di criticità per lo sviluppo sia di natura congiunturale che strutturale. In primo luogo, le previsioni negative circa la ripresa economica ed in particolare il proprio giro d’affari, hanno dirette ripercussioni sulla disponibilità ad effettuare investimenti: è molto bassa in provincia la percentuale d’imprese che ha pianificato d’investire in macchinari, ampliamento di impianto, sistemi di comunicazione e risorse umane, nonostante i diversi regimi di agevolazioni finanziarie che sono stati attivati per incentivare gli investimenti delle pmi in un’ottica di miglioramento della competitività. Ulteriore aspetto: il rapporto tra operatori economici ed intermediari creditizi. Nella seconda parte del 2004 è cresciuta la quota d’imprese che ha incontrato problemi con la propria banca. Persiste, infine, una percezione negativa anche per quanto concerne la dotazione infrastrutturale. Stefano Belfiore