Economia: 5mila posti di lavori persi nel 2004
Pubblicata in data 13/5/2005

Cinquemila posti di lavoro persi nell’ultimo anno per una flessione di occupati del 3,2 per cento, 3mila e 500 laureati in attesa di inserirsi nel mercato del lavoro territoriale, una riduzione del tasso di disoccupazione nel 2004 dovuta però più all’incremento di coloro che rinunciano a cercare attivamente un lavoro che ad un effettivo aumento di occupati ed un pil pro-capite risultato inferiore di circa il 30 per cento al valore medio nazionale. Di contro, segnali di ripresa provenienti dall’aumento dell’esportazioni e dalla crescita della struttura imprenditoriale (in media nascono due imprese al giorno) anche se il 72,3 per cento sono ditte individuali. Dalla lettura di questi dati di contesto muove l’analisi del presidente della Camera di Commercio di Avellino, Costantino Capone, in merito allo stato di salute dell’economia irpina che nuovamente registra nel 2004 aspetti ed elementi contradditori. Inaugurando, lunedì 9 maggio, i lavori della tavola rotonda, a cui hanno preso parte numerosi attori dello sviluppo locale unitamente a rinomati esperti di settore in occasione della presentazione del rapporto provinciale legato alla terza edizione della giornata dell’economia, il numero uno dell’ente camerale offre un perfetto screening analitico di quelli che sono i limiti e gli impedimenti che non rendono matura nonchè armonica la struttura produttiva locale. Una fotografia che assume i toni di una riflessione costruttiva da cui partire per poter pianificare concretamente una progettazione coerente, calata sul territorio e condivisa in maniera integrata. “Siamo totalmente privi- mette in evidenza Capone- di una strategia generale. L’ultima che abbiamo avuto risale al post- terremoto”. “Ma questo filone- precisa- ha esaurito la sua carica di dinamismo”. Per questo e per le difficoltà ataviche che il sistema economico irpino possiede, il presidente della Camera, manifesta la propria attitudine, trovando una condivisione generale dei presenti, ad elaborare una programmazione mirata “per ridisegnare- dice- una speranza nel nostro territorio”. Considerazioni, proposte, analisi e soluzioni emergono dal dibattito tenutosi presso la sede di via Duomo della Camera di Commercio. In sintonia con Capone, Giulia Cosenza, presidente Coldiretti provinciale. ‘L’obiettivo- rimarca- è quello di incentrarsi su una programmazione fatta di sintesi, basata sulla conoscenza del territorio e imperniata su quelle che sono le reali potenzialità”. “E’ necessario- precisa poi Antonio Mango, presidente della Confederazione degli Agricoltori- che la provincia di Avellino si faccia carico di una missione precisa, di un suo progetto da cui poter partire per sviluppare un’idea di sano rilancio”. Interessanti spunti di riflessione fuoriescono anche dall’analisi di commento elaborata dal presidente dell’Unione degli Industriali di Avellino, Silvio Sarno, anch’egli intervenuto alla tavola rotonda. ‘Lo scostamento negativo tra i dati provinciali e quelli regionali e meridionali- afferma Sarno- chiama in causa specifiche responsabilità degli attori locali. I trend negativi della congiuntura economica europea e del sistema competitivo nazionale si impattano in provincia di Avellino con maggiore evidenza. Non cresce il reddito pro capite, indice che misura in modo sintetico ed emblematico la ricchezza di una comunità”. ‘Abbiamo bisogno- aggiunge- di maggiore integrazione tra i settori, sostenendo una linea di sviluppo anche endogeno”. Sul piano della politica industriale, il presidente di Assindustria indica nel completamento degli interventi del Contratto d’Area, nel sostegno al distretto di Solofra, nell’avvio del distretto tessile di Calitri e negli indirizzi da formulare per la Valle Caudina e l’arianese, le condizioni per offrire alla crescita numerica delle imprese in Irpinia una prospettiva strutturale. Condizioni di crescita, che secondo Sarno, passano anche nella capacità di saper usufruire, in maniera efficace ed intelligente, delle politiche disegnate dall’Unione Europea. Il riferimento tocca giustamente la politica di coesione che sta per vivere il suo nuovo ciclo di programmazione, quello 2007-2013. L’argomento proposto trova, all’interno del dibattito, ulteriori spazi di discussione. Lo riprende Massimo Lo Cicero, docente dell’Università Tor Vergata di Roma. E sottolinea: “La politica di coesione deve essere non solo una ridistribuzione del reddito per ridurre il divario tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri d’Europa, ma deve essere una politica per la crescita”. Per Lo Cicero, dunque, la politica regionale deve essenzialmente insegnare ai poveri a diventare ricchi nel senso produttivo del termine. Poi scende nella valutazione del sistema locale, considerando positiva la fecondazione offerta dalla delocalizzazione industriale fatta negli anni ottanta che ha creato uno spillone di cultura d’impresa. E all’interrogativo di Capone, se il fenomeno del consistente numero di ditte individuali registrato in Irpinia sia imputabile ad una voglia di fare impresa o ad una esigenza di autoimpiego, Lo Cicero risponde giudicando le imprese individuali come un punto di forza. “Ma bisogna- avverte- guidarle, fornendo gli strumenti utili per sviluppare una sana imprenditorialità”. ‘L’orizzonte che intravedo - conclude- è che il sistema imprenditoriale si apra all’estero, creando alleanze, joint venture e mettendo in piedi azioni nonché fornitura di know-how per la crescita delle aree di mercato in cui si andrà ad operare”. Una direttrice di sviluppo che torva d’accordo anche Paolo Stampacchia, professore dell’Università Federico II di Napoli. “Bisogna- spiega- investire risorse in progetti di sviluppo’. Un esempio? Concentrare gli aiuti sui laureati della provincia di Avellino in attività aziendali di preminenza e di qualità. Stefano Belfiore